Dopo
un'attenta disamina degli articoli di Enrico De Simone inerenti l'assassinio di
Filippo Sindoni e il truculento articolo del Giornale, organo ufficiale del
fascismo berlusconiano, vorrei agiungere un paio di cose che so sul caso
Sindoni.
La prima
volta che ho sentito parlare di Filippo Sindoni è stato a Caracas, alla scuola
A. Codazzi, quasi un anno prima della sua morte. L'occasione era dovuta ad un
fatto concreto che riguardava quella scuola italiana di Caracas. Era stato
appena iscritto il nipote di Filippo Sindoni, dato che suo padre si era
trasferito a Caracas.
Il primo
aspetto degno di nota era che il suo arrivo era salutato da un'evidente stato
di fibrillazione da parte delle colleghe. In particolare da colei che sarebbe
stata la sua insegnante privata per i primi tempi. Quella stessa collega con
cui avevo appuntamento per un caffè ad un bar di Chacao il 27 agosto 2008,
caffè che non prometteva nulla di buono (post: Consolato Generale di Caracas).
La collega
di cui parlo era la "protetta" di alcune mogli della Giunta Codazzi,
ma forse è più corretto dire "la cavia", dato che la manipolavano
alla grande. Non che lei fosse malvagia,
solo si trovava in un contesto, a dir poco, malsano...
Tornando
al caso Sindoni, le parole ricorrenti che giungevano quando si parlava di lui,
erano "quello della pasta" e "mafioso".
Io non
sapevo niente e ben poco avevo capito di quell'ambientino, ma ricordo bene
l'eccitazione di quei giorni che andavano verso l'estate.
Tre anni
dopo, nell'agosto 2008, lo stesso Antonio Nazzaro mi ribadì che Sindoni era un
mafioso, e per questo motivo lui, persona integerrima e con un progetto di
vita, non era andato al suo funerale. Se però si parlava di quelle merde del
Codazzi, e guarda caso uno dei suoi ultimi pseudo-spettacoli vedeva la
partecipazione anche della figlia di Guido Brigli, quella parodia di
essere umano, Antonio Nazzaro alzava le mani dicendo che la mafia "c'è
dappertutto...".
Insomma
ne veniva fuori un nuovo apprendimento o una nuova verità. Il verbo.
El chaman, disegno su carta - Gianluca Salvati 2005 Caracas |
Così,
anche lo scrittore fallito Antonio Nazzaro avallava l'ipotesi del mafioso (ma
avrei dovuto meravigliarmi del contrario).
Quando,
tempo dopo ho confrontato le divergenti opinioni raccolte a Caracas, mi sono
reso conto che ne veniva fuori una
verità ben diversa da quella sorta di spot diffamatori divulgati al Codazzi. Il
vero problema di Filippo Sindoni era essere stimato dal presidente del
Venezuela, Hugo Chavez.
Al
Codazzi, manipolo di escualidos fascisti questa cosa non poteva passare. E il
primo modo che certa gente ha di contrastare qualcuno è denigrarlo.
Quello
che non mi è mai stato chiaro è perché suo nipote fosse approdato proprio nella
tana di quei porci fascisti del Codazzi, quando c'era la scuola Bolivar y
Garibaldi che in quel periodo funzionava piuttosto bene. Tanto bene che Anna
Grazia Greco ci aveva installato la sua piccola corte dei miracoli: Enrico De
Simone, giornalista di destra alla Voce d'Italia (giornale fascista con
velleità sinistroidi), Daniela Correri, ex compagna di un agente della scorta
personale del noto piduista al governo già primatista mondiale di figure di
merda, Silvio Berlusconi, l'amerikano. Infine c'era il buon Antonio Nazzaro,
buono per tutte le stagioni. Buono a nulla. Fu proprio grazie all'autodenuncia
di quest'ultimo che la Greco (Anna Grazia, una fuorilegge in missione),
trovò il pretesto per interrompere il finanziamento ministeriale alla scuola
Bolivar y Garibaldi.
Antonio
Nazzaro, è risaputo, oltre ad essere uno scrittore precario e fallito, è anche
uno che ha un progetto nella vita. Il suo principale problema, povero diavolo,
è di essere ostaggio, poco più di una pedina, di quella gentaglia della Giunta
Codazzi, che non ho ancora capito se legati alla 'ndrangheta o a quant'altro, che
so, all'Opus Dei o ai salesiani.
Due sono le cose che Dio non sa: cosa pensi davvero un
gesuita e da dove prendano i soldi i salesiani
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